Collana "Umane scienze"
isbn: 978-88-89876-01-8
pp. 56
Formato cm. 10,5 x 18
È l’apoplessia cerebrale a spegnere, quel freddo quattro febbraio palermitano del 1868, la vita di Giovanni Gorgone, proprio mentre attendeva ai suoi malati, appena un anno dopo la scomparsa del grande vicentino Bartolomeo Panizza. E con essa si spense l’infaticabile opera del morfologo e del chirurgo. «Si perdeva uno de’ più antichi Professori» - sottolineava Salvatore Cacopardo, preside della Facoltà medica, leggendo il commosso elogio funebre nella cornice del barocco fiorito della chiesa della Concezione -; un docente «che suggellò colla morte il suo zelo per l’insegnamento». Palermo, per quel triste evento, esibisce un partecipato lutto cittadino. L’insigne studioso, originario di S. Piero Patti, verdissimo comune del messinese dov’era nato sessantasette anni prima, s’era formato scientificamente a Palermo (per la Medicina) e a Napoli (per la Chirurgia). Insegna, da Ordinario, Anatomia Umana (1826) per poi professare e fondare, nel 1847, la Clinica chirurgica. Rimane, comunque, in primo luogo l’autore del primo trattato anatomico scritto in Sicilia (così è sottolineato da Emerico Luna): una brillante opera in quattro volumi, il Corso completo di Anatomia descrittiva colle differenze nelle Età, Sessi, Razze ed Anomalie (1834-1841). Le scienze anatomiche, per Gorgone, nella loro estensiva geografia (dalla fitotomia alla zootomia) si modulano, con insolita pregnanza, nelle razze, nei sessi e in tutte quelle “formazioni anomale” di frequente riscontro autoptico. Grande importanza è stata consegnata, infatti, dallo studioso siciliano alla conoscenza e alla registrazione delle anomalie anatomiche ed al loro insistito ruolo esercitato sul piano chirurgico. Il 7 aprile 1836 il Ménière, mosso da sincera foga epistolare, scrive al Gorgone: «Signore, ho letto con molta attenzione la sua opera che mi si è presentata subito di una importanza eccezionale. Le scoperte della S.S. sulle razze, le età ed i sessi sono effettivamente di grandissimo valore; e, il Professor Breschet, a cui l’ho sottoposta, è rimasto entusiasta per come son rimasto anch’io. La esorto, quindi, a continuare le sue ricerche, onde potere meritare la riconoscenza dei contemporanei e dei posteri. Le indagini sulle anomalie sono di grandissima utilità, perché spargono luce sulla formazione di certi organi fondamentali e su fatti di pratica chirurgica. Ho avuto diverse volte l’occasione di far menzione del nome della S.S. nelle riunione della Facoltà di Medicina. Il suo nome sarà ricordato nel prossimo Congresso ed i notomisti francesi non dimenticheranno il compatriota, l’emulo ed il rivale d’Ingrassia». Gorgone è assertore convinto che l’anatomia e le scienze morfologiche in genere debbano considerarsi supporto ineguagliabile alla pratica medica. La sua prolusione, letta l’11 luglio del 1826, ha come titolo Discorso sull’importanza dello studio anatomico. La macroscopica e la microscopica, nella loro integrazione dei dati scientifici gemmati dall’osservazione, elaborano la grande architettura biologica, nutrono la riflessione interiore, indicano elementi di verità e d’arte; «imparate, dunque, l’anatomia umana», asserisce Gorgone: «O giovani, per essere bravi medici e chirurghi, per sapere educare i vostri successori, per guidare l’artista nelle sue produzioni, per istruire il giudice nelle questioni medico-legali e per segnare al teologo e al filosofo la fonte, ove devono attingere le prime loro cognizioni». L’impatto che Gorgone esercita sull’uditorio del tempo è palmare. Giuseppe Pitré, notissimo demopsicologo, suo allievo riconoscente e, non a caso, autore Della vita e delle opere di Giovanni Gorgone (1868) sottolinea che quelli del Maestro «furono giorni di vero trionfo non meno per la Scienza che pel Gorgone, la cui Scuola divenuta Santuario del sapere, presso che trecento uditori potendo giornalmente accogliere, gli ultimi arrivati vedea al di fuori raccogliersi dolenti di perder le dimostrazioni che solevano tener dietro alla lezione teoretica». Tale vivacità didattica e tale disposizione alla ricerca sono promosse dall’anatomico dell’ateneo siciliano e da un manipolo di allievi di elevata qualità: da Francesco Scriffignano a Vincenzo Bruno, da Gian Battista Gallo a Luigi Nicoletti, da Misco a Giovanni Silvestri, da Filippo Parlatore a Giuseppe Pitré; e ancora: da Fortunato Giliforti a Giuseppe Profeta a Guglielmo Antonio Poggi, da Riccardo Giardina a Salvatore Grillo ad Enrico Albanese. Nasce con loro e per volontà del Maestro il ‘Gabinetto di Anatomia patologica’, ricco di adeguati strumentari e banco di prova per una più avanzata diagnostica e studio dei tessuti. Tale rigogliosa produzione didattico-scientifica s’inserisce in un momento storico (la seconda metà del secolo XIX) in cui l’anatomia registra in Sicilia un preoccupante assottigliamento della qualità e del consenso. Giuseppe Pitré ne traccia un quadro a dir poco squallido: «era così al basso caduta questa anatomia e di maniera tanto triviale professata che anche oggi qualche vecchio medico ne serba memoria se non risibile al certo poco favorevole a’ tempi d’allora». L’antropologo e medico ricorda come per l’insegnamento anatomico si producessero poche preparazioni in cera rappresentanti i più elementari organi del corpo, quasi tutte non soddisfacenti dal punto di vista scientifico, se non per quelle opere lasciate dal modenese Ferrini e da Giuseppe Salerno, consistenti in qualche scheletro e in qualche statua angiografica. Non una biblioteca, lamenta il Pitré, «non un gabinetto di dissezione, se ne togli una stanza non sai come e fino a qual punto provveduta degli strumenti necessarî a’ lavori di preparazione: e soprattutto questo, che più è, non un anfiteatro anatomico, se non degno, alla men trista capace di accogliere la moltitudine degli scolari che qui dalle varie parti di Sicilia traevano.» Lo scenario del gabinetto anatomico rassomiglia, nella ricostruzione pitreana, ad un racconto di Ernst Theodor Amädaus Hoffmann: un laido bidello in un corridoio oscuro che, con un indescrivibile arnese, mostra fuggevolmente “ossa, visceri, vasi, nervi di uno stesso cadavere”.
Il portato ergonomico di Giovanni Gorgone oscilla, con il medesimo interesse ed impegno, dalla nota trattatistica anatomica - percorso di vasto impegno intellettuale - agli studi istologici sulla tunica interna dei vasi, alle approfondite ricerche sulla natura dei denti umani, dove, appunto, si sottolinea, con l’ausilio di Filippo Casoria, ‘professore interino di Chimica filosofica nella Real università di Palermo’, come cemento ed avorio debbono essere interpretati varietà morfostrutturali del tessuto osseo, mentre per lo smalto s’invoca la natura epiteliale. L’insieme delle indagini sull’organo dentario (‘Tre memorie’) suscitarono interesse e conferma da parte di Rudolf Albert Kölliker (Zurigo 1817-1905), l’allievo e aiuto di Friedrich Henle, figura tra le più eminenti dell’anatomia e dell’embriologia del secondo Ottocento, nella edizione parigina del suo Elements d’Histologie humaine del 1855 (per la traduzione di Béclard e Sée). La ricerca sulla “natura de’ denti umani”, pubblicata in Palermo nel 1842 (Poligrafia Empedocle), raffrontata con le indicazioni dettate da Giovanni Cruveilhier (1791-1874), anatomico di Limoges, autore d’un trattato di anatomia descrittiva, pone l’accento oltre che sull’omologia con i tessuti ossei (considerati, invece, come “concrezioni ossiformi” dallo studioso francese), sulla diversità da questi attraverso analisi chimico-fisiche supportate e vagliate dal Gorgone e sulle considerazioni esposte sullo smalto: «sostanza quasi veramente inorganica, priva di gelatina e che può e dee sotto i rapporti dell’organizzazione e dell’uso paragonarsi all’epiderme». La pubblicazione è corredata da una tavola incisa dal Waincher su disegni originali dell’allievo e amico Gianni Misco. Il lavoro sarà, non a caso, consacrato al Panizza, grande morfologo comparativista dell’Università pavese (colui il quale mise per primo in evidenza nei lobi occipitali la funzione visiva della corteccia), e insiste su un motivo d’indagine morfologica caro al Gorgone, esposto col cipiglio del conoscitore, e con l’umiltà di figlio d’un modesto e laborioso fabbro mai dimentico delle umorose propaggini boschive dei monti Nèbrodi.
Da "Gorgone, l'occhio e la mano" di Aldo Gerbino.
Giovanni Gorgone, anatomico, chirurgo (San Piero Patti, Messina 1801-Palermo 1868), si formò nelle Università di Palermo e Napoli. Professore di Anatomia descrittiva a Palermo nel 1823, rivestì l’incarico di Chirurgo Maggiore dell’Ospedale. Diresse il Gabinetto di Anatomia e fu professore di Clinica chirurgica. Giuseppe Pitré, suo allievo, ed autore Della vita e delle opere di Giovanni Gorgone (1868), lo definì il ‘Nestore degli anatomici’. Interessanti i suoi studi di microscopia sui denti umani, le cui osservazioni e i conseguenti risultati furono confermati dal grande Kölliker nel 1855. Tra le sue opere:Memorie anatomiche del 1826 e i quattro volumi del Corso completo di Anatomia descrittiva colle differenze nelle età, sessi, razze ed anomalie stampati tra il 1834 e il 1841. La morte lo colse in corsia, mentre visitava i suoi malati.